Mai come in questi giorni sono importanti le definizioni. E’ importante legarci a doppio filo ai libri, alle definizioni “grigie e disadorne” per parafrasare Calvino. Troppo frastuono, troppo colore non fa capire bene e a volte, confonde, inebria e quindi il grigiume della scienza, sempre uguale e imparziale, può aiutare a comprendere meglio e a ricollegarci alla verità. Dunque definizioni!!! Per capire dove stiamo andando, e se va bene andare di lì.
Il mio professore minacciò di farmi saltare un esame se avessi di nuovo pronunciato al suo cospetto la parola “Popolo”, perché, diceva, si sentiva che la pronunciavo con la maiuscola e dunque non lo farò nemmeno ora, o se lo farò lo farò in maniera consapevole. La democrazia non è “potere del popolo”. Su questo posso metterci la mano sul fuoco. Popolo è una definizione vaga. Cosa si intende per Popolo? Si intende tutti? Uomini, donne, bambini, anziani, minori, stranieri irregolari? Tutti vuol dire tutti, intendiamoci. Oppure Popolo come proletariato, popolo come classe inferiore? No nemmeno questa appare una definizione accettabile. Popolo come totalità organica, unica e indivisibile? Se è mai esistita una cosa del genere ai tempi dei romantici, il popolo come un tutt’uno non ha mai portato a nulla di buono, ha anzi legittimato i più grandi crimini dell’Umanità. Perché in nome del tutti come uno solo, chiunque può vedersi privare i diritti.
Così non ne veniamo fuori, proviamo con una definizione debole, utilitaristica: sui principi che governano la democrazia. Il principio maggioritario. La maggioranza vince. E che sia una maggioranza elettronica o cartacea non fa, in fondo, molta differenza. Anche questa definizione non può garantire libertà: uno è libero se è in maggioranza, appena, come capita quasi sempre al sottoscritto, comincia a pensare controcorrente ecco che smette di essere libero ed è ridotto all’impotenza che può in alcuni casi diventare anche intellettuale. Allora? Cos’ è questa democrazia che stiamo proteggendo più di ogni altro valore in politica?
E’ esattamente il contrario: è la minoranza, ovvero il grado di libertà della minoranza, che rende un paese davvero democratico. La possibilità tecnica, legale, ma anche (e pare da sottolineare oggi) di opportunità, di passare dall’idea della maggioranza all’idea della minoranza senza che semplicemente sia impossibile o per censura, o per diritti violati o anche per linciaggio mediatico.
Su questo punto il M5S ma anche tutti gli altri saranno chiamati a riflettere per il futuro e da questo punto dipenderà il futuro democratico del nostro paese. Tutto il resto è contorno.
Il movimento 5 stelle auspica di trasformare una democrazia rappresentativa che ha dato prova della sua inadeguatezza per la natura corruttibile dell’animo umano in una democrazia partecipativa. Sul fatto che questa sia o no democratica ha disquisito recentemente Pasquino a Mantova ma io umilmente non sono del tutto d’accordo. Pasquino dice di no, io dico forse. Esempi di democrazia partecipativa li abbiamo solo nell’antica Grecia. Ad Atene, per essere precisi, nel IV secolo a.C. Il demos che deteneva il kratos si radunava nelle piazze (oggi internet) e diventava un’assemblea cittadina. Naturalmente molte di queste decisioni venivano prese per acclamazione. L’acclamazione non è un sistema democratico perché si instaurano logiche mutuamente emotive che non permettono la libera espressione dell’opinione. Ma la democrazia della rete, partecipativa, risolverebbe questo problema perché una democrazia via internet garantisce, una volta stabiliti criteri tecnici di garanzia, la segretezza del voto e non favorisce il processo di escalation emotiva propria dell’acclamazione. Occorrono però due passi successivi per chiudere il cerchio. Il primo è sicuramente l’esercizio effettivo del potere con cariche pubbliche decise a rotazione tra meritevoli per concorso. La partecipazione elettorale si deve trasformare in partecipazione del cittadino ma questo deve essere competente e meritevole. Il secondo è il più importante e si collega con il discorso di prima: occorre un sistema limitante e controllante il governo. Inoltre c’è un terzo punto: il fatto che a differenza della polis vanno sicuramente garantiti i diritti personali naturali che al limite possono andare contro l’interesse generale della nuova polis 2.0.