La morte di Kim Jong-il e la successione del figlio Kim Jong-un hanno rappresentato un punto di svolta sull’evoluzione del regime nordcoreano e sugli effetti che questa può avere sulla sicurezza dell’Est asiatico. Durante il regno del Caro leader il regime di Pyongyang ha rappresentato la minaccia più concreta e pressante per la sicurezza e la stabilità dell’intera area.
Kim Jong-il ha legato la sua strategia della sopravvivenza, sia per quanto riguarda la sicurezza e la politica estera, sia per il mantenimento del potere a livello domestico, al programma nucleare e missilistico il che ha portato all’istallazione di diversi ordigni atomici, testati ripetutamente dal 2006.
Il secondo ha portato all’acquisizione di missili a medio raggio e al tentativo costruire missili intercontinentali. Ma giocare a War Games richiede risorse e competenze che solo le superpotenze possono permettersi. Un conto è il nucleare così detto sporco. E un conto è un sistema nucleare sofisticato stile guerra fredda per capirsi, e in questa ambizione i missili non hanno superato i test e si sono rivelati inefficienti, dal 1998 Pyongyang ha dimostrato di poter colpire – oltre alla Corea del Sud – il Giappone con missili a medio raggio, quali i Taepo Dong 1 e i No Dong.
Dunque il problema è prettamente asiatico e orientale. E come tale sarebbe bene che gli USA e l’Europa ne rimanessero fuori il più possibile.
La prima lezione di relazioni internazionali all’università è che la guerra e la diplomazia hanno stessi obiettivi ma mezzi diversi e noi (occidente) dovremmo perseguirli solo con la diplomazia. Astenendoci completamente da ogni intervento nella zona. Dunque nessun blocco della Corea è opportuno perché evitare l’escalation di un conflitto è il primo cruccio per l’occidente. Al momento potrebbe essere sufficiente avviare un processo diplomatico che porti all’isolamento di Kim Jong. Certo è che la diplomazia coercitiva multilaterale richiede un notevole coordinamento e, soprattutto, la capacità da parte di tutti gli attori coinvolti di poter assumere impegni credibili di lungo periodo.
Occorrono dunque diplomatici, gente capace però. E anche ammesso che li trovassimo siamo davvero tutti disposti a rinunciare al nostro interesse particolare nella relazione con la Corea del Nord in virtù di una pace mondiale?